Il regista nella sede dell’Associazione REC. (Foto: Sandro Mahler)

Il documentarista luganese Olmo Cerri ci parla del suo particolarissimo lavoro di ricerca sull’immigrazione italiana in Ticino.— GIANLUCA BLEFARI

Alla domanda sul suo percorso formativo, il trentatreenne Olmo Cerri, originario di Sonvico con radici italiane e germaniche, ci risponde inaspettatamente: «A dire il vero prima di intraprendere la scuola di cinema ho studiato come operatore sociale». Un’affermazione che non ci si attende da un ormai navigato professionista del video, ma a pensarci bene si ha poi l’impressione che tutto quadri: la cortesia unita alla fermezza di chi ha avuto a che fare con persone con storie difficili, come i tossicodipendenti del Centro di Accoglienza Diurna di Viganello; una concezione del mezzo audiovisivo come strumento di conoscenza ma anche e soprattutto di intervento attivo nella società; una lista di opere su personaggi ed esperienze di vita che vanno a scavare nel profondo. Due esempi: “L’uomo volante”, che ripercorre la storia surreale di Plinio Romaneschi, il quale si costruì due ali posticce di seta e si gettò dalla teleferica di Biasca, e “Ul film dal Niculin”, in cui si segue la vita quotidiana di un anziano alpigiano capriaschese. Questo sincero interesse per le storie umane ci viene confermato dalle parole dello stesso Olmo: «La soddisfazione più grande nel fare questo lavoro è sicuramente il contatto e la profonda conoscenza che si viene ad instaurare con i soggetti. In fin dei conti è un privilegio poter entrare nella loro vita per settimane o per mesi come è avvenuto per l’ultimo documentario che ho realizzato». Si tratta di “Non ho l’età”: un fortunato e sui generis lavoro di ricerca sull’emigrazione italiana in Ticino.

Un prodotto di spessore
Proiettato in prima mondiale all’ultima edizione del Festival di Nyon alla presenza emozionata dei protagonisti, il documentario racconta le vicende di quattro emigrati italiani in Svizzera. «Di film sull’emigrazione ne sono già stati fatti tanti» ammette Olmo. E il suo cos’ha di particolare? «Il fatto che le storie partono da quattro lettere scritte a Gigliola Cinguetti, la popolare cantante che nel 1964 vinse Sanremo con il brano “Non ho l’età”». L’artista veronese, infatti, a seguito del suo successo, ricevette centinaia di migliaia di lettere commosse da parte dei suoi fan. Missive rimaste per anni in un archivio a Trento, finché la curiosità e la pervicacia del nostro Olmo le hanno riportate alla luce. Un lavoro di ricerca, un’indagine quasi poliziesca con tanto di decodifica di francobolli, timbri postali e calligrafie improbabili, per raggiungere ed intervistare i quattro testimoni di quello che in fin dei conti fu anche un periodo difficile. «A quei tempi c’erano Schwarzenbach e molto razzismo, si lavorava un sacco e spesso in condizioni difficili… Noi abbiamo raccontato queste storie del passato per creare dei parallelismi col presente: la Svizzera è ancora immersa nei flussi migratori e ho l’impressione che ­rischiamo di chiuderci, di ripetere gli stessi errori del passato, di aver paura delle persone che arrivano qui da noi senza renderci conto che possono essere una risorsa. Da un punto di vista lavo­rativo ma soprattutto sul piano umano». “Non ho l’età” è un documentario originale e di spessore, ­prodotto da Amka Films e sostenuto dalla Radiotelevisione Svizzera, la cui realizzazione non sarebbe forse stata possibile senza il supporto dell’Associazione Rec.

Collettivo di videomaker
Conclusa la scuola di cinema, Olmo e i suoi compagni di corso si resero conto che per continuare a lavorare assieme avrebbero dovuto organizzarsi. Per questo fondarono l’Associazione Rec, un gruppo di amici prima di tutto, poi di colleghi, che si occupa di audiovisivo a 360° da ormai quasi quattro anni. Con sede a Lugano, il collettivo funge da piattaforma per i progetti più disparati:  documentari, fiction, ma non disdegnano di applicarsi anche negli aspetti più pratici e di manovalanza. Lo stesso Olmo ha partecipato e partecipa tuttora in veste di assistente in numerose importanti produzioni ticinesi come la fortunata serie de «La Palmira». «Ritengo sia inoltre molto importante ricordare tra le nostre attività quelle che riguardano la formazione». Il ricco programma di attività di Rec, infatti, non prevede solo workshop di ripresa e montaggio, ma anche atelier nelle scuole per i più giovani, per aiutarli ad imparare l’uso di questi strumenti. «Siamo sommersi dalle immagini, dalle pubblicità, dalle cose che vediamo su internet… È importante capirle e decodificarle». Beh, se ce lo dice un “ex” operatore sociale, possiamo fidarci.

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