L’importante esperienza ed il successo de “La Straordinaria” a Lugano dovrebbero poter aprire nuove strade. Se ne è parlato proprio alla Tour Vagabonde in un dibattito

“Constata la penosa situazione nella quale da troppo tempo siamo costretti a dibatterci per l’assoluta mancanza a Lugano di luoghi dove ci si possa riunire indisturbati (…), visto che questa situazione si è venuta recentemente ad acutizzare con gli episodi che tutti conosciamo (…) constatiamo (…) la grave mancanza di qualsiasi reale attività culturale ed artistica alternativa a quella ufficiale che rimane comunque estremamente ridotta. Noi, in seguito ad una franca e democratica discussione, abbiamo approvato il seguente manifesto e affermiamo il giusto diritto di avere un centro autonomo e chiediamo che ci venga data la possibilità di crearlo con sollecitudine in un luogo centrale o facilmente accessibile con i mezzi pubblici.”

Questo è uno stralcio di un documento, trovato negli archivi della Fondazione Pellegrini Canevascini, ciclostilato a Lugano nel febbraio del 1972 (51 anni fa) che abbiamo letto in apertura della giornata di studio dedicata agli spazi culturali in Ticino che si è tenuta sabato scorso nello spazio temporaneo della Straordinaria Tour Vagabonde. I giovani che lo hanno redatto, i sopravvissuti almeno, sono probabilmente oggi tutti pensionati. Le proposte che il “movimento per il centro autonomo”, come lo si chiamava allora, ha portato, sono rimaste inascoltate, ma sono ancora incredibilmente attuali. Lugano dopo 51 anni non ha ancora un “centro socioculturale indipendente”.

Abbiamo voluto organizzare una giornata di studio e di dibattito perché i tre mesi di attività di questa straordinaria Tour Vagabonde sono quasi finiti, vediamo già i mezzi di cantiere che spingono per riprendersi quest’ultimo lembo di terreno sterrato ancora libero a Lugano e cominciare un nuovo immenso progetto di edificazione edilizia. Il conto alla rovescia è partito ed è già da alcuni mesi che, con un sentimento di apocalisse imminente, ci interroghiamo: “E dopo questo?”. Cosa faremo quando la Tour Vagabonde sarà stata smontata, caricata sui camion e sarà ripartita Oltralpe? Cosa ci resterà?

Questi tre mesi di attività sono stati straordinari, per tutte e tutti noi che li abbiamo vissuti intensamente e da vicino: sono stati una vertigine di concerti incredibili, spettacoli, letture, proiezioni ma anche accalorate riunioni, incontri, abbracci, birrette ed emozioni. Per qualche istante abbiamo avuto l’impressione di vivere in una vera città.  I numeri sono solo numeri, ma fanno impressione: 30 mila passaggi, oltre 150 eventi, decine e decine le persone coinvolte attivamente. Qualche problema c’è stato, abbiamo a volte fatto un po’ troppo rumore, su molti aspetti c’è sicuramente margine di miglioramento ma, tutto sommato, possiamo dire che il bilancio è stato più che positivo.

Adesso si tratta di guardare al futuro: e lo vogliamo fare cercando di importare dal resto della Svizzera delle “buone pratiche”, già sperimentate da tutte le altre città da oltre trent’anni, che potrebbero essere facilmente applicate anche a Lugano. L’idea è quella di cercare di colmare l’incredibile ritardo che la città ed il territorio hanno accumulato rispetto al resto della Svizzera e arrivare a poter costruire anche qui una costellazione di spazi socio-culturali indipendenti.

Alla giornata di studio di sabato erano presenti anche dei rappresentanti dei dipartimenti della cultura delle città di Berna e Ginevra: è risultato evidente che in queste città l’approccio è completamente diverso. Non è loro obbiettivo quello di organizzare direttamente la proposta culturale (come invece fa Lugano) ma piuttosto quello di creare le condizioni per cui le realtà presenti sul territorio possano essere messe nelle migliori condizioni per poter proporre le proprie iniziative culturali a beneficio di tutta la collettività. Questo permette una programmazione culturale plurale, inclusiva e variegata invece di una proposta culturale “calata dall’alto”.

In questi mesi abbiamo parlato e incontrato artisti, operatori culturali, associazioni, persone che fanno musica, teatro, cinema, letteratura, fotografia, arti plastiche e poesia e sembra a tutte evidente che occorrono spazi per la cultura indipendente anche in Ticino, e in particolare a Lugano. Una costellazione di spazi diversi che si aggiungano a quanto già c’è di interessante sul territorio.

Speriamo di trovare nel Municipio e nelle autorità politiche comunali e cantonali la giusta apertura e comprensione per intraprendere insieme questo percorso di crescita. Abbiamo tutti ancora negli occhi e nel cuore le immagini delle ruspe che abbattono una parte del Molino, ma siamo sicuri che, a maggior ragione dopo l’esperienza di questi mesi, si possano creare le opportune premesse per un percorso che vada e che andrà a beneficio di tutta la collettività.

Per portare avanti la discussione abbiamo due proposte pratiche ed operative:

  • Una petizione, che è possibile firmare online sin da subito e fino al 2 maggio, per manifestare la necessità di una costellazione di spazi e più attenzione per la cultura indipendente.
  • E poi una carta di intenti, che abbiamo un po’ pomposamente definito “la Carta della Gerra”, che abbiamo presentato in bozza aprendo una consultazione pubblica, che durerà fino al 2 maggio. Tramite questa consultazione chiediamo a tutte le persone, le associazioni e gli enti interessati di aiutarci a completare e a correggere il documento per arrivare a una sua versione definitiva che vorremmo presentare pubblicamente prima dell’estate, con l’intento di aprire un dibattito e un percorso di mediazione.

Questa carta, che consta di 11 punti, propone in particolare di modificare le modalità di assegnazione degli spazi: crediamo che gli spazi a disposizione della collettività debbano venir assegnati con procedure chiare e trasparenti e, soprattutto, svincolate dalla politica. In particolare pensiamo che debba essere introdotto lo strumento dei “bandi di concorso” valutati poi da giurie di addetti ai lavori, con particolare attenzione per la “diversity” e, appunto, indipendenti dalla politica.

Una giornata interessante e che lascia ben sperare nel futuro, peccato per la scarsa presenza da parte delle autorità politiche cittadine che, nonostante il tanto agognato “dialogo” hanno snobbato la discussione, delegando questo difficile ruolo a Luigi Di Corato, direttore della Divisione cultura del Dicastero Cultura, sport ed eventi di Lugano, che non ha potuto che condividere una certa delusione per la lentezza con cui la politica cittadina si muove in questo campo, giungendo addirittura a definire “una barbarie” e “brutalità immonda” lo sgombero e l’abbattimento del Molino.

Olmo Cerri fa parte dell’Associazione Idra

Nell’immagine: un momento dell’incontro