12 ottobre 1996. Venticinque anni fa prendeva vita l’autogestione a Lugano. Per celebrare l’anniversario, i Molinari hanno deciso di tornare in piazza ma anche sui social con “Macerie”, il podcast che racconta la storia dell’ex Macello e rilancia “il suono della rivolta”.

Macerie. Si chiama così il podcast che da domani, martedì 12 ottobre, sarà disponibile sul sito del Molino e sulle principali piattaforme online. Una serie a puntate (gli episodio verranno caricati ogni martedì) che vuole ripercorre, attraverso un coro di voci – di chi all’autogestione ha preso parte ma anche da chi ci ha orbitato attorno – il percorso dell’ex Macello, dalla sua fondazione fino a giungere alla sua demolizione.

Macerie. Un nome che appunto richiama i fatti avvenuti il 30 maggio scorso quando, una ruspa, nel bel mezzo della notte, ha distrutto un pezzo di storia ticinese (che piaccia oppure no), facendone un cumulo di cemento e lamiera. Ma è proprio dalle ceneri che la fenice rinasce; e difatti il possente braccio meccanico dell’escavatore, nonché gli esecutori materiali della demolizione, non hanno tenuto conto di una cosa fondamentale: si può distruggere un palazzo, ma non la memoria.

La memoria che, come si legge dal comunicato Soa (Strade occupate autogestite), è “un ingranaggio collettivo, per questo vogliamo proporre un racconto a più voci e appassionato. Un modo per riflettere su quello che siamo e su quello che vogliamo diventare, per risalire il fiume del tempo, per socializzare la nostra storia con occhio critico e per costruire narrazioni che possano innescare un conflitto sociale”.

Un quarto di secolo a r-esistere

Il podcast non viene però lanciato in una data a caso. Infatti, il 12 ottobre di venticinque anni fa, avveniva l’occupazione degli ex Molini Bernasconi di Viganello.

Da quei fatti tanta acqua è passata sotto i ponti. Un fiume in piena, agitato anche dai rapporti tesi fra i Molinari e il Municipio. Un rapporto fatto di scontri ma anche di ricerca del dialogo, poiché proprio all’ex Macello l’autogestione aveva preso casa, nel dicembre del 2002, attraverso una convenzione siglata con il Municipio della città che si affaccia sul Ceresio e il Consiglio di Stato.

Dopo la demolizione, i molinari sono tornarti a rimboccarsi le maniche, più agguerriti di prima, come si legge dallo stesso comunicato: “Un’idea, un’utopia, una lotta. Migliaia di persone, di iniziative, di eventi politici e culturali. Un quarto di secolo. Attraverso un’occupazione, due sgomberi e tanto dibattito da 25 anni il Molino r-esiste. Siamo una realtà scomoda, perché induce alla riflessione, ad alzare lo sguardo dall’orizzonte dei propri privilegi, a reagire di fronte alle logiche di sfruttamento, discriminazione, controllo ed esclusione che ci governano. Un’alternativa. Tanti tentativi di repressione. O di “inclusione” nel sistema, come se una mano di bianco potesse rendere la pecora nera uguale alle altre, come se l’omologazione potesse frenare una forza propulsiva”.

Sempre domani, in piazza della Riforma (o della Rivolta, come rinominata) a Lugano, gli autogestiti scenderanno in piazza per celebrare la loro “nascita” e per ricordare “l’invasione delle Americhe e lo sterminio dei popoli nativi (NdR: il 12 ottobre è anche la data in cui Cristoforo Colombo scoprì l’America. Questo evento però non viene ricordato con piacere dai popoli indigeni americani) Il Molino torna nelle strade, per riprendersele, per colorarle, per declamarle in versi, per rilanciare il suono della rivolta, della ribellione, dell’inconformità”.

Il podcast può essere ascoltato su Spreaker e sul sito del CSOA il Molino.