Olmo Cerri, gennaio 2005 – Per il laboratorio della SUPSI – DSAS “La leggerezza del postmoderno”.

Introduzione

“Se avesse potuto comunicare così, oggi che mondo sarebbe?”

Le possibilità di trasmettere informazioni, negli ultimi anni (in particolare a partire dal 1997), sono radicalmente aumentate e, almeno per quel che riguarda il mondo ricco ed occidentale, si sono “democratizzate”. Chiunque possiede le capacità tecniche, può con abbastanza facilità accedere ad un collegamento internet.

In Svizzera1 nel 2004 vi erano 207 accessi internet ogni 1000 abitanti (oltre uno ogni 5 persone), con una crescita, rispetto ai due anni precedenti del 125%. Grandissimo naturalmente il divario rispetto ad altri paesi del mondo (per esempio l’Indonesia con 0,5 host per mille abitanti o la Cina con solo lo 0,1). Dalla mappa rispetto alla densità appare chiaro che a livello mondiale la stragrande maggioranza di popolazione e di paesi non ha beneficiato di questo sviluppo tecnologico. In questi paesi il mediattivismo si è sviluppato (quando si è sviluppato) in maniera diversa e slegata dall’internet, media che invece in Europa ricopre un’importanza centrale rispetto a questo fenomeno.

Molto si è parlato negli ultimi mesi della campagna di Telecom Italia “Se avesse potuto comunicare così, oggi che mondo sarebbe?2. In cui Gandhi diffonde il suo messaggio di pace con l’ausilio dei più moderni mezzi di comunicazione, tramite una webcam collegata ad internet parla, direttamente dalla sua capanna accanto all’arcolaio a persone in tutto il mondo, attraverso schermi giganti nelle principali piazze. Aborigeni che si collegano ad internet tramite un portatile, e possono ascoltare le sue parole. Sicuramente immagini molto suggestive, ma cerchiamo di capire il messaggio intrinseco in questa campagna: “Se allora ci fosse stato l’apparato comunicazionale che manteniamo noi della Telecom, Gandhi si sarebbe fatto udire da molte più persone e oggi il mondo sarebbe migliore!” Ma da quando alla Telecom (e alle aziende neoliberiste in generale) interessa il “bene del pianeta”? Evidentemente si tratta di un messaggio vizioso, la campagna non cerca di vendere nessun prodotto (né telefoni né abbonamenti) è semplicemente finalizzata al miglioramento dell’immagine del marchio, si cerca di fare in modo che, nella testa del consumatore, sia associato ad ideali di pace e di giustizia (anche il “pacifista” rappresenta ormai un appetibile target di mercato)3, guadagnando così la sua fiducia.

Ma Gandhi avrebbe davvero avuto questa grande possibilità di accedere ai media?
La figura del Mahatma oggi è stata rivalutata, ma nel periodo storico in cui portava avanti la sua lotta nonviolenta, era certamente un personaggio “scomodo”, che metteva in discussione lo stato di cose presenti, un contestatore, un agitatore, un ribelle. Certamente non il tipo di persona a cui i “media ufficiali” soggiogati al potere economico-governativo avrebbero concesso spazio e visibilità.

Scrive Mao Valpiana:

“Sicuramente sono stati fatti sondaggi d’opinione, sono stati pagati consulenti, esperti, sono intervenuti psicologi e sociologi, che hanno sentenziato che Gandhi oggi ha un’immagine positiva, che “tira”. Da Bush a Putin tutti sono pronti ad inchinarsi davanti a Gandhi. Quando un personaggio è scomodo, o lo si ammazza o lo si mette sugli altari. L’importante è renderlo innocuo.”

Esempio emblematico di questa revisione storica è il testo che accompagna lo slogan, in cui sono state censurate alcune parole (in MAIUSCOLO) nel testo:

“Se volete dare un messaggio [ALL’OCCIDENTE], deve essere un messaggio di amore, deve essere un messaggio di verità. Voglio catturare i vostri cuori. Lasciate che i vostri cuori battano all’unisono con quello che dico. Ieri un amico mi ha chiesto se credo in un mondo unito. Come potrei fare altrimenti? Certo che credo in un mondo unito”.

Una censura orwelliana se si pensa che queste parole sono tratte da un discorso di oltre cinquant’anni fa: “One World”, del 2 aprile 1947 a Nuova Delhi, nella sessione conclusiva della Conferenza sui Rapporti Inter-Asiatici, di fronte ad oltre 20.000 visitatori, delegati e osservatori. Modificare il passato per renderlo inoffensivo, quelle di Gandhi sono parole che hanno messo in crisi e continuano a spaventare chi detiene il potere.

Ghandi quindi, sarebbe probabilmente stato un mediattivista (e forse già lo si può considerare tale). Non potendo utilizzare i media ufficiali ha dovuto arrangiarsi (ha fondato due giornali) e probabilmente, se le condizioni tecniche lo avrebbero permesso (oggi l’india dispone soltanto di poco più di una connessione ogni 10’000 abitanti), avrebbe partecipato alla costruzione di media indipendenti, su internet. Media comunitari, nonviolenti e lontani dalle logiche del poter costituito.

Informazione e potere (l’informazione è potere)

Alcuni riflessioni sulla storia dell’informazione

La comunicazione (in particolare quella di massa) è sempre stata strettamente legata al potere, in particolare per quanto riguarda il mantenimento o la conquista dello stesso. Il controllo dell’informazione è quindi essenziale, questo controllo spesso avviene per vie indirette (pubblicità, finanziamenti, favori, cariche di rilievo) rendendo quindi lo stesso ancora più subdolo.

Uno dei primi “media” di massa è stata la pittura; è facile constatare entrando in qualsiasi museo o chiesa che la quasi totalità delle pitture rappresenta “potenti”: signorotti, nobili, borghesi, santi, divinità oppure scene di vita rappresentate dalla parte dei vincitori, epiche battaglie, scene religiose, eccetera.
Spesso le opere erano direttamente commissionate dagli stessi “potenti”, non c’è quindi da meravigliarsi di questa scelta di soggetti. Anche la chiesa utilizzava la pittura come mezzo di controllo sociale, affreschi spaventosi di scene infernali, danze macabre4 con scheletri e teschi avevano il compito di rafforzare nella mente del popolo (spesso ignorante ed analfabeta) il timore di Dio, la paura della morte e dell’inferno e quindi l’ubbidienza alla classe clericale ed il rispetto della legge ecclesiastica. Un altro esempio della stretta correlazione fra potere e informazione, viene dal pittore bresciano Giacomo Ceruti5, del XVII secolo detto il “Pitocchetto” per la sua predilezione nel ritrarre poveri e mendicanti. Di quest’artista fino a pochi decenni fa, si conoscevano solamente le opere sacre (tra l’altro ritenute di qualità inferiore), mentre tutta la parte di produzione “a tema sociale” era relegata in secondo piano, probabilmente ritenuta disdicevole denuncia sociale.

Con l’avvento della stampa, la situazione non migliora, il primo giornale in assoluto stampato in Europa (nel 1606) la “Niewe Antwerpsche Tüdingen” era finanziata e quindi controllata dall’Arciduca Alberto d’Austria. La “Gazzette” francese fondata quasi contemporaneamente era controllata, fra gli altri dal cardinale Richelieu e raccoglieva contributi, sotto pseudonimo, di Luigi XIII.

Il pensiero unico

La grande diffusione dei mass-media (letteralmente mezzi di informazione di massa, ovvero stampa, cinema, radio-tv) che permettono di divulgare capillarmente e tempestivamente idee, avvenimenti e fatti) che ha avuto luogo all’inizio del secolo scorso, non ha scalfito minimamente i rapporti di forza nell’informazione. Fu per esempio, grazie a questi nuovi mezzi che il governo degli Stati Uniti giustificò l’invio di truppe in Europa nel corso della prima guerra mondiale, trasformando grazie ai media l’indifferenza dello statunitense medio in un sentimento di profondo odio nei confronti del popolo tedesco, portando così il popolo americano ad acconsentire ed appoggiare l’intervento dell’esercito.

È qui quasi automatico il rimando alla campagna mediatica che, nei mesi scorsi, ha giustificando all’interno dell’opinione pubblica l’invasione dell’Iraq, e prima ancora dell’Afghanistan da parte degli Stati Uniti.

L’avvento dei mass-media contribuisce a creare la cultura di massa “mass-culture” in cui anche l’informazione diventa un prodotto commercializzabile di consumo, da vendere e comprare. Contribuendo al rafforzamento del legame fra potere mediatico e finanziario e la diffusione del pensiero unico.

Scrive a questo proposito “Ignacio Ramonet”:6

Cresce, nelle attuali democrazie, il numero dei cittadini liberi che si sentono invischiati, impaniati da una specie di dottrina gelatinosa che insensibilmente avviluppa qualsiasi ragionamento ribelle, lo inibisce, lo confonde, lo paralizza fino a soffocarlo: il pensiero unico, il solo autorizzato da un’invisibile e onnipresente polizia dell’opinione. Dopo la caduta del muro di Berlino, il crollo dei regimi comunisti e la demoralizzazione del socialismo, il nuovo Vangelo ha raggiunto un tale grado d’arroganza, di boria e di insolenza che di fronte a un simile furore ideologico non è esagerato parlare di dogmatismo moderno .

Con la nascita di emittenti (televisive e radiofoniche private) è stata accelerata la scomparsa della separazione tra potere politico, economico e finanziario. Lampante l’esempio italiano, in cui il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (eletto grazie alla campagna mediatica portata avanti dalle sue tre televisioni private e del colosso informativo che possiede grazie al potere economico che detiene) è arrivato ad avere su di se anche potere politico, e il controllo delle altre tre principali emittenti pubbliche. Pericoloso esempio di concentramento su di un’unica persona dei tre poteri. Non per niente l’Italia si è dovuta accontentare del quarantesimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa (dopo Cile e Corea del Sud) stilata da “Reporter Sans Frontières”7

La stampa e la diffusione capillare d’informazione, prima dell’avvento d’Internet, ha sempre avuto costi elevati, per cui tutti quei tentativi di fare informazione contro al pensiero dominante si sono sempre scontrati con ostacoli economici e di repressione politica.

Controinformazione

In quest’imbavagliato panorama informativo si rende evidente la necessità, per garantire alcuni valori fondamentali quali la “sincerità dell’informazione”, la “correttezza storica” il rispetto dei diritti umani, di creare un’alternativa valida alla cultura di massa diffonditrice del pensiero unico.
Molteplici le forme addottati dai mediattivisti8 che hanno adottato questa forma di lotta e di resistenza culturale, tentativi che però hanno solo raramente rappresentato una vera ed imponente rivoluzione del panorama massmediatico.

Non mi addentrerò nella descrizione approfondita di ognuna di queste forme, che richiederebbe uno spazio ben più ampio, ma cercherò di fare una panoramica dei metodi più significativi addottati negli ultimi anni:

Volantini, fanzine e giornali di movimento stampati con le più diverse tecniche a basso costo (ciclostile, fotocopie, eccetera) e, eccetto pochi esempi, a tiratura e diffusione limitata. Dal contenuto più variegato e destinati ai gruppi più diversi.
Il progetto Ipermnesia9 esegue un interessante lavoro di raccolta ed archiviazione di volantini e stampati “di movimento” della regione di Pisa, interessante osservare sia la varietà e la moltitudine di tematiche trattate, sia differenti le forme grafiche.

Affissioni e giornali murali, graffiti, stickers hanno la prerogativa di avere una durata nel tempo, si impiega molto più tempo ad attaccarli che a toglierli. Per questo è una forma di comunicazione “stickering”10 sempre più utilizzata essendo a basso costo e relativamente d’impatto. Può essere utile per diffondere informazioni brevi e mirate (slogan) oppure rimandi ad altri canali informativi (siti web, frequenze radio, eccetera). I giornali murali e le affissioni permettono a più persone di entrare in contatto con l’informazione senza per questo dover stampare troppe copie del materiale. Questo canale à particolarmente indicato per azioni di adbuster, una nuova forma di critica ludica e radicale della società dell’immagine tramite il deturpamento di slogan, manifesti pubblicitari e loghi, tesa a smascherare il reale contenuto delle campagne di propaganda commerciale. Una galleria di esempi è raccolta sul sito della rivista omonima.

Radio Libere, o nella forma più radicale delle radio pirata, emittenti radiofoniche, con potenza di diffusione limitata che ospitano i contenuti più diversi. A volte dispongono di un’organizzazione redazionale più stabile, altre volte invece si tratta di esperienze più improvvisate. Con l’avvento di internet è nata la possibilità dello streaming radio: la possibilità di diffondere attraverso la rete, a costi bassi, un segnale radiofonico. Durante le contestazioni del G8 di Genova è nato Radiogap11, (Global Audio Project), un circuito di radio libere, con l’intento di diffondere e scambiare il materiale audio prodotto dalle singole emittenti.

Telestreet, televisioni di strada, di condominio o di quartiere. Programmazione locale senza fini di lucro. In diretta dal vostro pianerottolo. Con trasmettitori a bassa portata, e con programmazione ridotta le televisioni di strada sono spuntate come funghi in vari angoli del mondo. Dispongono naturalmente di un sito web collettivo http://www.telestreet.it con cui scambiarsi notizie, video e soprattutto le nozioni tecniche necessarie per dar vita ad altre emittenti. È inoltre presente un imponente archivio12 da cui attingere per la propria programmazione.

A questo proposito scrive Franco ’Bifo’ Berardi in un documento13 del giugno 2002:

Non si tratta di fare una televisione più giusta, una televisione più bella. La televisione è sempre una merda, soltanto una merda. L’unica televisione buona che si può fare è quella che distrugge la televisione, che trasforma il set videocamera-trasmettitore in un telefono, un videotelefono comunitario. Se questa diventa una moda, un modo d’essere, un comportamento di massa, solo i più scemi guarderanno ancora la televisione, perché gli altri saranno tutti impegnati a farla.

Internet: con l’abbassamento dei costi di connessione (vedi introduzione) e la rivoluzione dell’elettronica di consumo, per i mediattivisti di tutto il mondo è diventato sempre più facile utilizzare il canale del web per diffondere controinformazione. Dalle proteste di Seattle in poi sono state create diverse piattaforme virtuali che permettono di trovare e diffondere informazione indipendente “dal basso”. Diverse le modalità di gestione scelte dai vari gruppi. Il web rappresenta un nuovo “media” con potenzialità inimmaginabili per la controinformazione come era intesa prima dello sviluppo della rete: archivi ampissimi e facilmente accessibili, possibilità di coniugare immagini, audio, video e testi, facilità di gestione collettiva da parte di persone dislocate in tutto il globo, potenziale grande risonanza, difficoltà di censura, immediatezza, eccetera.

Uno degli esempi più emblematici delle possibilità offerte dal web è il network di Indymedia, che dispone di nodi in quasi ogni paese del mondo.

Indymedia

Genesi

Il Centro Media Indipendenti (independent media center) nasce poco prima delle burrascose giornate di protesta contro il WTO14 a Seattle (nel novembre del 99). Le proteste di Seattle sono una svolta per il movimento sociale globale che, per la prima volta, prende le distanze in maniera netta dalle ONG che riconoscono il WTO come interlocutore, non accettando la legittimità di questa istituzione internazionale che esclude il processo democratico di tutti gli stati membri. In quella occasione alcuni gruppi di militanti provenienti dagli ambienti del mediattivismo americano e australiano decisero, per evitare che i media deformassero gli accadimenti, di autorganizzare la copertura mediatica dell’evento. Il movimento antiglobalizzazione considerava i media “ufficiali” parte integrante del problema da combattere, occorreva quindi un’alternativa. Indymedia provò come fosse possibile costruire media indipendenti dal basso a costi limitatissimi, e i media ufficiali si dovettero per la prima volta confrontare con una voce discordante costringendoli ad una maggiore obbiettività. In quei giorni la pagina dell’IMC di Seattle ha registrato più contatti di quella della CNN.

Il software usato era stato inizialmente sviluppato in Australia dal Cat (Community Activist Technology15) in seguito perfezionato e adattato da attivisti di altri gruppi affini. Si tratta di software libero16, programmi “aperti” compilati in maniera collettiva. Ognuno può accedere al codice con cui sono scritti per capirlo, modificarlo, e migliorarlo. È possibile utilizzarlo, ridistribuirlo e copiarlo, senza dover pagare licenze. È il risultato di uno scambio di idee e saperi che produce risultati altamente funzionali in quanto adattati in continuazione alle evoluzioni tecniche e ai nuovi bisogni. Oggi i vari nodi indymedia nel mondo sono gestiti da almeno otto diversi software, che rispondono alle diverse esigenze locali dei vari collettivi.

Assieme alle mobilitazioni in concomitanza agli incontri degli organismi economici internazionale che periodicamente si riunivano in varie parti del globo che indymedia si è diffuso in tutto il mondo. Il modello di IMC Seattle venne ripreso qualche mese dopo a Washington in occasione delle proteste contro la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Indymedia sbarcò in Europa in occasione del Mayday 2000 a Londra, e poco dopo anche in Italia (un anno prima delle giornate di Genova). Il 12 giugno 2000 “è stato attivato”, come si legge nella prima presentazione del sito “il primo massmedia italiano indipendente via web”.

Vicissitudini legali

All’inizio di ottobre 2004 gli hard-disck di due server di Indymedia sono stati sequestrati dall’ufficio londinese di Rackspace17, su richiesta del Dipartimento di Giustizia americano; le motivazioni del provvedimento non sono mai giunti ai responsabili dei siti colpiti (circa 20 tra cui Uruguay, Andorra, Polonia, Western Massachusetts, Nizza, Nantes, Lille, Marsiglia, Euskal Herria (Paesi Baschi), Liegi, Anversa, Belgrado, Portogallo, Praga, Galizia, Italia, Svizzera, Brasile, UK. Nei giorni successivi si è venuti a sapere tramite una dichiarazione del portavoce dell’FBI Joe Parris, che l’azione scaturiva dal procedere di una nazione terza, che si avvaleva di un trattato di assistenza (il MLAT, che stabilisce le procedure di assistenza reciproca fra nazioni per investigazioni riguardanti il terrorismo internazionale, rapimenti e riciclaggio di denaro sporco). La notizia è stata confermata dal giudice ginevrino Daniel Zapelli, che dichiara di aver avviato un indagine penale sulla copertura offerta da Indymedia a proposito del G8 tenutosi a Evian, e dalla PM di Bologna, Marina Plazzi, che ha dichiarato di stare investigando su Indymedia Italia perché potrebbe sostenere il terrorismo. Ma, a parte le supposizioni, il quadro legale del provvedimento resta poco chiaro e nessuna spiegazione a questo proposito è giunta dalle autorità britanniche, italiane o svizzere. Indymedia ancora non sa chi abbia ordinato il sequestro, chi abbia preso i dischi e che cosa ne abbia fatto durante il sequestro.

Indymedia in Svizzera: ch.indymedia.org

In Svizzera indymedia, arriva nel dicembre del 2000. Attivisti dalle varie regioni linguistiche si ritrovano in occasione dell’annuale forum economico (WEF) che si tiene a Davos, per dar vita ad un nodo indymedia nazionale. La mailing list “storica” in cui sono stati presi i primi contatti è per questo chiamata “Davos-list”. L’informazione libera spaventa, dopo pochi mesi di funzionamento del sito un’associazione legata ad Israele “Aktion Kinder des Holocaust18” decide di rivolgersi alle autorità per un azione legale contro due presunti “responsabili del sito” zurighesi, rei di non aver censurato una vignetta del disegnatore brasiliano Carlos Latuff che comparava il terrore esercitato dallo Stato Israeliano sui palestinesi a quello del regime nazista, che era stata inserita nella pagina.
La giustizia assolverà poi gli attivisti, nel sito però sono iniziati a comparire ripetuti commenti offensivi e distruttivi. Per questo il collettivo decide di chiudere il sito per circa un mese e mezzo con il tentativo, come si legge nella pagina alla riapertura19 “ di incanalare la diatriba fuori dal mondo virtuale! Lanciamo un appello affinché le discussioni siano portate nel mondo reale, se proprio devono essere nel web, che siano in una mailing list o un forum di discussione. I problemi personali e le masturbazioni mentali devono trovare il loro spazio altrove.”

La pagina riapre con rinnovato vigore, il sito viene diviso nelle tre lingue nazionali (purtroppo non si trovano attivisti che gestiscano la parte in romancio) gestite in maniera autonoma dai tre collettivi editoriali. Si crea una sezione chiamata “cestino della censura” in cui sono spostati provvisoriamente i contenuti potenzialmente sessisti, razzisti e fascisti in attesa di una discussione collettiva ed una successiva eventuale riabilitazione. Per tutelarsi, si decide che questi contenuti non dovranno più essere liberamente consultabili on-line, ma che potranno comunque essere richiesti via mail per una consultazione. In rete resta soltanto un indice che ne permette l’identificazione.

L’attività di controinformazione di indymedia continua, che continua ad organizzare la copertura di eventi internazionali che avvengono in svizzera (Wef Davos, Forum dell’Informazione a Ginevra, G8 a Evian) e la diffusione di informazione sulle realtà locali. In particolare nella sezione italiana è stato dato ampio spazio a temi come le vicissitudini dei migranti ecuadoriani, la catalogazione degli episodi più lampanti di razzismo, le lotte per spazi autogestiti, le rivendicazioni studentesche, i problemi ecologici e la catalogazione degli abusi della polizia.

Come è organizzata la pagina web: la pubblicazione aperta

La pagina web di indymedia svizzera riprende la forma di quasi la maggior parte dei nodi indymedia del mondo. È sostanzialmente divisa in quattro parti, la testata in cui trova posto un banner, un logo e il collegamento con alcune risorse importanti. La colonna sinistra raccoglie i collegamenti con tutti gli altri nodi locali, le sottocategorie locali ed il rimando ad eventuali campagne in atto.

Nella colonna centrale vi è la parte gestita dal collettivo editoriale che, con il materiale inserito dai visitatori del sito e da altre fonti crea degli articoli strutturati come ipertesti, sugli argomenti più disparati, cercando però sempre di mettere in luce i vari punti di vista possibili della situazione. Senza però avere la presunzione di detenere la verità ma con il tentativo di dare al visitatore della pagina tutti gli strumenti adatti per comprende cosa stia succedendo. La lettura di questi articoli non può essere “passiva”: al contrario che per la fruizione dei media ufficiali, in indymedia è richiesta capacità di mettere in relazione dati e di fare collegamenti mentali e soprattutto di entrare in contatto con punti di vista differenti.

Le informazioni vengono richieste tramite un procedimento attivo dal visitatore della pagina, non gli sono buttate addosso.

Un singolo evento è descritto in maniera diversa dalle diverse persone che lo hanno vissuto, e per riuscire a comprendere l’evento dobbiamo riuscire a vederlo da più punti di vista differenti. Ragionamento molto diverso sa quello che sta dietro alla maggior parte dei media “ufficiali” che propongono una univoca interpretazione dei fatti.

La colonna destra (o newswire) è il fulcro della pagina. Qui chiunque, con pochi clic del mouse può, compilando un apposito formulario, inserire i propri contributi che andranno immediatamente ad apparire nella home page e negli archivi tematici.

È questa la grande differenza fra indymedia e altri siti di informazione, la pubblicazione aperta o “open publishing” rompe la verticalità dei media tradizionali in cui una piccola cerchia di eletti scrive per tutti, permettendo una reale orizzontalità e pluralismo dell’informazione. Ogni articolo inserito, in gergo “postato”, diventa immediatamente liberamente commentabile, in questo modo attorno ad un fatto vengono inserite precisazioni, aggiunte o smentite rendendo visibile e trasparente il processo di creazione della notizia. In questo modo si instaura un rapporto di fiducia fra indymedia e i suoi visitatori, “indymedia è roba tua”.

Il concetto di pubblicazione aperta è molto simile a quello di software libero, in quanto, secondo Arrison del CAT:

“Sono entrambe risposte evolutive alla privatizzazione dell’informazione messa in atto dai monopoli multinazionali. Per il software è Microsoft, per la pubblicazione è Cnn. Per entrambi è Aol Time Warner. Il software libero offre in giro programmi. Arrivano a costo zero… chiamiamola birra gratis. Ma il software libero non è solo questo. Il codice sorgente, la blueprint genetica, i meccanismi interni sono aperti per gli altri da vedere (da ciò il software libero è anche chiamato software aperto). Quindi altr* possono prenderlo e cambiarlo e passare le loro modifiche ad altre persone. Il prodotto è libero, e il processo di produzione è libero e trasparente. Se a qualcuno non piace, si può prenderlo e modificarlo. L’unica cosa che non si può cambiare è il fatto che sia libero. Ciò è garantito dalla licenza GNU, una sovversione virale delle leggi sul copyright che garantisce la libertà di un pezzo di codice e di tutte le sue modifiche. I mezzi sono il fine. Il viaggio è la destinazione. Potresti pensare che questo processo non porti a nulla di realmente creativo, altamente ispirato, enorme, complesso, semplice, piccolo, affidabile, a caso o divertente. Se la pensassi così, staresti drasticamente sottostimando quello che gli umani riescono a fare per divertimento…”

La pubblicazione aperta permette l’anonimato, gli articoli sono solitamente firmati con degli pseudonimi, che permettono una grande libertà di espressione e di pensiero, libertà che sempre più spesso nella nostra società non sono più garantita.

Ogni IMC locale si dota di una politica editoriale o “policy” una dichiarazione di intenti decisa collettivamente in cui sono esplicitati le categorie di messaggi che non vengono accettati nel newswire20 e quindi censurati (censura parziale visto che solitamente sono solamente spostati in una zona meno visibile della pagina e sono comunque sempre richiedibili secondo diverse modalità).

Naturalmente questa grande libertà ha i suoi limiti, la pubblicazione aperta è realmente utilizzata soltanto (secondo stime del CAT) dall’1% degli utenti, è canale privilegiato per gli “spammers” persone che utilizzano risorse per diffondere messaggi pubblicitari, per i “trolls” persone che volutamente portano avanti discussioni futili, provocatorie e sfiancanti rendendo pesante la consultazione delle pagine per la grande quantità di materiale non informativo presente. Anche il sovraccarico informativo è pericoloso; la grande quantità di informazione se non attentamente archiviata, catalogata ed indicizzata diventa di difficoltosa fruizione. Diventa sempre più difficile ritrovare un singolo articolo o riuscire a distinguere l’informazione utile da quella futile.

Esistono poi diverse altre sezioni: “liste” per esempio è la raccolta di tutte le mailing list disponibili, in “radio” si concentra tutto quanto fa riferimento a questo media, “print” si occupa di trasferire su supporto cartaceo una selezione di materiale elettronico per permetterne la fruizione anche da parte di tutti coloro che non possono connettersi e vari altri progetti in continua mutazione ed evoluzione.

Process

Ogni nodo IMC è organizzato secondo processi organizzativi, di discussione, gestionali e decisionali diversi, vi sono però alcuni punti sostanzialmente simili fra loro.

Secondo Dee Dee Halleck di Paper Tiger Tv21l’aspetto più radicale del movimento antiglobalizzazione è la sua natura non gerarchica. Le decisioni vengono prese con il consenso dei partecipanti, che sono tutti direttamente coinvolti nei processi decisionali. E questo è valido per i media come per il movimento”.
Ben si rispecchiano le prerogative di indymedia all’interno di questa definizione, infatti tutte le decisioni a qualsiasi livello sono aperte. Ognuno, se lo desidera, può prender parte ad ognuno dei processi gestionali di indymedia è necessario naturalmente che si guadagni un sufficiente grado di “attendibilità” che gli permetta di accedere a password e liste. In indymedia Svizzera per entrare a far parte della mailing list editoriale solitamente si richiede una partecipazione fisica ad almeno una delle riunioni “reali”, questo per favorire un contatto e una comunicazione non soltanto virtuali e per scremare almeno in parte i tentativi di intrusione da parte di polizia e servizi segreti. Il gruppo decide poi come gestire le password e gli altri dati chiave per la gestione diretta della pagina.

Le mailing list sono delle liste di ridistribuzione di messaggi mail, praticamente un iscritto ad una mailing list invia un messaggio ad un indirizzo specifico, il programma di gestione della stessa lo reindirizza a tutti gli altri iscritti, in questo modo può esserci una discussione aperta fra tutti i partecipanti alla lista (anche quelli non simultaneamente connessi). Vi sono diverse liste per i diversi scopi globali e locali, ogni attivista sceglie quelle a cui iscriversi e partecipare. Nelle mailing list è utilizzato un linguaggio veloce e senza necessariamente il rispetto delle regole della grammatica e della sintassi, con pesanti intrusioni di termini gergali o provenienti dall’inglese ma italianizzati, il risultato è per certi versi simile al parlato. Questo sistema permette ad attivisti che si trovano fisicamente in luoghi anche molto lontani di collaborare attivamente in una sorta di assemblea permanente.

La gestione della colonna centrale avviene tramite le mailing list, quando qualcuno fa una proposta di un articolo, esso viene discusso e corretto, arricchito collettivamente di collegamenti e quando si raggiunge un consenso generale viene pubblicato.

Il principio (o metodo) del consenso22 consiste nel considerare accettata una proposta contro cui nessuno ha obbiettato entro un determinato lasso di tempo. Non si ricerca l’unanimità ovvero l’accordo pieno e totale su tutto, è sufficiente un accordo “generale”. L’unanimità può anche esserci ma non è un obbiettivo. Il metodo del consenso cerca di far convivere le diversità e non di eliminarle.

Si è arrivati a questa scelta perché si ritiene importante mantenere uno stretto rapporto di coerenza fra i fini del nostro lavoro e i metodi per raggiungere questi fini, quindi se si vuole creare un media con cui combattere un potere costituito occorre che non abbia dentro di se le medesime logiche che si desiderano eliminare (prevaricazione del gruppo su un singolo o su una minoranza). In questo modo si concentra un grande potere sul singolo, che può scovare e sollevare problematiche mentre il gruppo ha il compito di occuparsi di riconoscere questi problemi e risolverli.

Un altro punto importante è il tentativo continuo di mediazione dei conflitti che inevitabilmente si vengono a creare, è indispensabile per dare continuità a questo progetto che sopravvivendo solo grazie al lavoro militante e volontario degli attivisti deve essere in grado di utilizzare al meglio ogni forza che si rende disponibile. Si cerca sempre di creare “accordi nel disaccordo” ovvero soluzioni “morbide” che permettano a tutti di continuare a riconoscersi nell’idea di indymedia. I “contrari” devono poter esprimere il loro disaccordo parziale o totale su una decisione e ricevere risposte accettabili dal gruppo, in modo da non arrivare mai a “boicottare” la decisione stessa e rimanendo comunque a far parte del collettivo. Per questi difficoltosi processi occorre molta fantasia, creatività, pazienza e fiducia che si traducono i migliaia di mail in lista e in riunioni-fiume, sicuramente non si tratta di tempo perso ma della sperimentazione di diverse possibilità nonviolente di rapporto fra gli attivisti.

Nella pratica il metodo del consenso permette di mantenere un alto grado di attualizzazione delle pagine, permettendo nel contempo ad ogni partecipante di esprimere le proprie opinioni e di attuare le modifiche. In molte liste il margine di tempo per esprimere dissenso è di 24 ore, scaduto il quale una modifica, inizialmente proposta da un singolo attivista è considerata accettata e può aver luogo. Naturalmente il processo di discussione continua e ogni decisione può riveduta anche in secondo tempo. Si possono tentare metodi di discussione e decisione diverse dal “consenso” ma è necessario che siano accettati tramite questo metodo e che abbiano una durata stabilita e limitata nel tempo

I canali IRC sono un altro punto di incontro virtuale in cui vi è una maggior immediatezza rispetto alle liste. Sono delle chat tematiche in cui ci si trova per discutere o per lavorare simultaneamente in maniera collettiva. Solitamente non si tratta di un luogo in cui si prendono decisioni tranne che nei momenti in cui, tramite mailinglist, si sia convocato un incontro in chat e si sia deciso (con il sistema del consenso) di prendere delle decisioni (con modalità e regole predeterminate).

Anche in situazioni d’emergenza i canali IRC possono trasformarsi in assemblee permanenti in cui si prendono decisioni operative per risolvere i problemi più urgenti. Il collettivo svizzero utilizza in particolare i canali IRC d’indymedia (irc.indymedia.org #switzerland) e quello di inventati/autistici23 (irc.inventati.org #indy.ch) server autogestito di movimento che si propone di “socializzare i saperi senza fondare poteri”. Offrendo nella pratica spazio web, posta elettronica, mailing-list, chat e diversi altri servizi a gruppi e singoli che si riconoscono nelle finalità del gruppo. Particolare attenzione è riposta nella difesa della privacy e nella libera diffusione dei saperi. Si autofinanzia tramite donazioni, collette, concerti, eccetera

Attendibilità e rapporto con l’esterno

Ma è attendibile quello che viene proposti su indymedia? È una delle domande che sorgono spontanee. La risposta è semplice: sicuramente no, ma non è purtroppo possibile giudicare attendibile neppure quello che viene divulgato dalle agenzie di stampa. Indymedia non vuole proporre una verità, ma alcune delle migliaia di verità che permettono di avvicinarsi alla comprensione di un fatto. Si invitano i visitatori a leggere con occhio attento e critico qualsiasi cosa, anche le pagine di indymedia! Importante chiarire che la colonna centrale è gestita dal collettivo editoriale (che s’impegna a garantire una certa attendibilità delle fonti) mentre la colonna destra è aperta a chiunque.

Sicuramente indymedia in diverse occasioni a contribuito a far luce su avvenimenti che altrimenti sarebbero probabilmente stati insabbiati, questo perché ha la peculiarità di guardare gli avvenimenti (soprattutto se legati al movimento) da un punto di vista privilegiato.

Durante il G8 di Genova indymedia ha documentato tutta una serie d’azioni violente della polizia assolutamente non giustificati, ha filmato le inaudite violenze durante l’irruzione nella scuola Diaz, ha prodotto prove che hanno dimostrato che la polizia ha introdotto di propositi delle molotov nella scuola per cercare di giustificare quello che stava facendo. Una mastodontica raccolta di testimonianze, fotografie, video, atti processuali sono disponibili nella sezione “Genova” di indymedia Italia24.

In occasione del G8 ad Evian 2003 erano stati organizzati dei blocchi sull’autostrada per rallentare l’arrivo dei rappresentanti nella sede delle riunioni. Uno di questi avveniva su di un cavalcavia nei pressi d’Aubonne, due attivisti si erano calati dal ponte ed erano sorretti da una corda che bloccava il transito delle automobili. La polizia è intervenuta tagliando la corda e facendo precipitare Marti Shaw per una trentina di metri (l’altra attivista è stata salvata grazie alla prontezza dei manifestanti sul ponte che hanno tenuto la fune). Le agenzie hanno iniziato a diffondere la notizia della morte dell’attivista, indymedia che si trovava sul posto ha potuto informare in maniera corretta. Un videoattivista ha ripreso la scena, le immagini oltre che essere state messe a disposizione per usi non commerciali su internet sono state vendute ad agenzie di stampa, vi è stata un’accesa discussione sull’opportunità di vendere ad un circuito informativo “ufficiale”, le motivazioni che hanno prevalso sono state quelle dettate dall’importanza di mostrare il fatto che era avvenuto ad un pubblico più ampio possibile. Le immagini (segnate con il logo di indy) hanno fatto il giro del mondo, gli introiti sono andati interamente a finanziare le spese mediche e legali di Martin.

Periodicamente gli IMC di tutto il mondo ricevono querele per i più svariati motivi, solitamente si concludono senza provvedimenti concreti per la difficoltà di rintracciare i responsabili delle pagine che risiedono su server al di fuori del territorio nazionale.

I bersagli più facili da colpire sono solitamente coloro che hanno registrato il nome dominio dell’indymedia nazionale. Da li è ancora necessario provare che la persona e il testo incriminato sono collegati. Procedimenti lunghissimi, che solitamente non hanno risultati. In Svizzera vi è stato il chiacchierato caso dell’”antisemitismo”, ed in Ticino hanno minacciato querele Umberto Marra ed Ivan Schmidt esponenti della destra populista locale, querele che però non si sono mai concretizzate.

La polizia monitora costantemente indymedia che in svizzera è ritenuta veicolo privilegiato d’informazione per l’area d’estremismo di sinistra25.

Bibliografia

> Cartacea

AAVV, L’oratorio dei disciplini e gli affreschi: il trionfo della morte, la danza macabra e le storie di Gesù, Città di Elusone, Novecento Grafico, Bergamo

AAVV, Errore di sistema, teorie e pratiche di Adbusters, Feltrinelli, Milano 2003

Bertelli Pino, Zero in Condotta, Edizioni L’affranchi, Salorino 1992

Pasquinelli Matteo (a cura di), MEDIA ACTIVISM, Strategie e pratiche della comunicazione indipendente, Derive Approdi, 2002
Questo libro è copyleft, è possibile scaricarne una versione elettronica da http://www.rekombinant.org

Rossi Cesare (a cura di), Il linguaggio delle immagini, dispense autoprodotte del workshop “mediattivismo” tenuto al CSA il Molino, Lugano, novembre 2004

Tamburini Sergio, Ballando con il morto, strana danza macabra, da Azione del 22 gennaio 1998, pagina 17

Internet:

Da Wikipedia: enciclopedia “aperta” e multilingue a cui ogni utilizzatore può aggiungere lemmi, partecipare alla correzione, completamento e aggiornamento degli stessi. È uno dei molti progetti aperti che sfruttano la tecnologia “Wiki” e contava (a dicembre 04 31’343 articoli)

Lemmi consultati:
http://it.wikipedia.org/wiki/Independent_Media_Center

http://it.wikipedia.org/wiki/Informazione

http://it.wikipedia.org/wiki/World_Trade_Organization

Indymedia: www.indymedia.org (pagina internazionale), ch.indymedia.org (pagina svizzera), italy.indymedia.org (pagina italiana), radio.indymedia.org, Seattle.indymedia.org, print.indymedia.org

Il metodo del consenso: un metodo decisionale morbido per gruppi forti, articolo web a cura di Roberto Tecchio – http://italy.indymedia.org/news/2002/07/64449.php

Disinformazione: http://www.disinformazione.it

Inventati/autistici: http://www.inventati.org

Aktion Kinder des Holocaust : http://www.akdh.ch

Rekombinat: http://www.rekombinant.org

Community Activist Technology http://www.cat.org.au

Softwarelibero.it: http://softwarelibero.it

HostCount: Dati sull’internet nel mondo”: http://www.gandalf.it/dati/dati1.htm

Ghandi e Nonviolenza: http://www.nonviolenti.org

Note

1 Dati tratti da “HostCount: Dati sull’internet nel mondo”, Analisi aggiornate al 15 ottobre 2004 – Web: http://www.gandalf.it/dati/dati1.htm
2 Agenzia: Young & Rubicam, Direzione creativa: Aldo Cernuto & Roberto Pizzigoni, Casa di produzione: Colorado, Regia: Spike Lee, Fotografia: Tom Sigel, Musica: Lisa Gerrard, Pieter Bourke – Sacrifice (dall’OST del film The Insider), Data prima messa in onda: 19 settembre ‘04

3 Cfr: “Mahatma on line: Gandhi e la pubblicità” editoriale di di Mao Valpiana (da: http://www.nonviolenti.org/content/view/196/)

4 Nella parete meridionale del portico della chiesa di San Giovanni Battista a Sonvico sono ancora visibili resti risalenti probabilmente al 1400 di una terribile danza macabra “si tratta di una predica in immagini ad edificazione dei fedeli, in un luogo situato vicino al cimitero, ma è anche paragonabile a una sacra rappresentazione in tre atti simultanei, o a una visione impressionante ed ammonitrice che appare all’osservatore”
> L’oratorio dei disciplini e gli affreschi: il trionfo della morte, la danza macabra e le storie di gesù, Citta di Clusone, Novecento Grafico, Bergamo
> Ballando con il morto, strana danza macabra, di Sergio Tamburini, da Azione del 22 gennaio 1998, pagina 17
5 Cfr: “Il linguaggio delle immagini” dispense autoprodotte del workshop “mediattivismo” tenuto al CSA il Molino, AAVV, novembre 2004
Dati biografici di Giacomo Ceruti: http://www.popsoarte.it/autore.php?idAut=3772&urlback=%2Fautori.php%3F
6 Il pensiero unico, articolo tratto da “Le Monde Diplomatique” del gennaio ‘95, inserto mensile de il manifesto, rintracciabile sul web all’indirizzo: http://www.ecn.org/asicuba/articoli/unico.htm
7 “Libertà di stampa? L’Italia è al 40° posto, dopo Cile e Corea del Sud” di “Reporter Sans Frontières”
http://www.disinformazione.it/libertadistampa.htm – http://www.rsf.fr
8 Mediattivismo è una parola di origine anglosassone, nuova alle orecchie italiane, entrata nell’uso mantenendo la sintassi inglese. Non interessa il purismo della lingua, il mondo che andiamo a descrivere una un pidgin universale, uno slang veloce e sporco improvvisato su chat e mailing list, un inglese meticcio che rende l’idea dell’accelerazione culturale portata da migliaia di mediattivisti che tutti i giorni comunicano sulle dorsali Internet intercontinentali.
(…) Il media attivista è una figura sociale, una nuova figura di operatore, militante, artista, cittadino impegnato a sperimentare, spesso nel proprio tessuto urbano, forme di autogestione della comunicazione (figura sociale che probabilmente fra breve vedremo recuperata a moda giovanile da qualche sapiente format di Mtv).Da: Mediactivism a cura di Matteo Pasquinelli (opera citata)
9 Archivio on-line del progetto Ipermnesia: http://www.bfs.it/ipermnesia/
10 Stickering, tattiche d’affissione: http://www.guerrigliamarketing.it/intelligence/stickering.htm
11 Progetto di Audio Globale: http://www.radiogap.net/, anche la rete di Indymedia dispone del suo circuito di scambio di file audio (in prevalenza Mp3) per la riproduzione radiofonica, con la possibilità data a chiunque di contribuire con servizi autoprodotti http://radio.indymedia.org/ che potranno essere poi diffusi nella costellazione di radio indipendenti mondiale
12 NGV e’ un progetto che si propone di creare canali video online indipendenti e a costo minimo – una base dati visuale in aggiornamento continuo. Video in qualita’ vhs da scaricare e vedere in locale e/o da riversare su nastro o su cd. NGV si basa sull’uso di standard aperti e free software, tecnologie di pubblico dominio che hanno permesso la realizzazione dell’infrastruttura per produrre, scaricare e pubblicare video. Nell’archivio sono indicati titoli e contenuti dei video, circuiti e server che li ospitano in rete, e cd di raccolta.Da: http://www.ngvision.org/
13 Da: Mediactivism a cura di Matteo Pasquinelli (opera citata)
14 La World Trade Organization (WTO) è l’unico organismo internazionale che si occupa delle regole del commercio tra le nazioni. Il suo nucleo è costituito dagli accordi, che sono il fondamento legale per il commercio internazionale e le politiche commerciali. È stata creata l’1 gennaio del 1995, dopo la conclusione dell’Uruguay Round, i negoziati che tra il 1986 e il 1994 hanno impegnato i paesi aderenti al Gatt. L’organizzazione non copre solo beni commerciali, ma anche servizi e proprietà intellettuali. I paesi aderenti al WTO sono 146, e le decisioni sono prese all’unanimità. La sede è a Ginevra (Svizzera). È contestata per essere uno degli organismi che giustificano e diffondono la globalizzazione neoliberista, prendendo decisioni che favoriscono le fasce più abbienti della popolazione e ricadono su tutte le altre.
Adattamento da: http://it.wikipedia.org/wiki/World_Trade_Organization
15 Community Activist Technology http://www.cat.org.au
16 Interessante documento sul software libero e sull’opensource, in cui sono state codificate quattro libertà fondamentali per definire “libero” programma:
Libertà 0, o libertà fondamentale: La libertà di eseguire il programma per qualunque scopo, senza vincoli sul suo utilizzo. Libertà 1: La libertà di studiare il funzionamento del programma, e di adattarlo Libertà 2: La libertà di redistribuire copie del programma. Libertà 3: La libertà di migliorare il programma, e di distribuirne i miglioramenti. Da: http://softwarelibero.it/documentazione/softwarelibero.html
17 La featur di indymedia svizzera sul sequestro dei server: http://ch.indymedia.org/it/2004/10/26651.shtml
18 Aktion Kinder des Holocaust : http://www.akdh.ch
19 Sulla chiusura del sito: http://www.indymedia.ch/it/2002/04/1.shtml
20La policy di indymedia svizzera dichiara di non accettare tutti i messaggi, razzisti, sessisti, commerciali e privi di contenuto informativo
21 L’intervista completa a Dee Dee Halleck:
http://www.rekombinant.org/media-activism/article.php?sid=17
22 Cfr: Il metodo del consenso: un metodo decisionale morbido per gruppi forti, a cura di Roberto Tecchio http://italy.indymedia.org/news/2002/07/64449.php
23 Inventati/autistici – Il nostro obiettivo è liberare degli spazi sulla rete, dove discutere e lavorare su due piani: da un lato, il diritto/bisogno alla libera comunicazione, alla privacy, all’anonimato e all’accesso alle risorse telematiche, dall’altro i progetti legati alla realtà sociale. la realizzazione di un server indipendente ci appare un buon punto di partenza per il raggiungimento di questi scopi.
Da: http://www.inventati.org/it/manifesto.html
24 Archivio Genova G8 – http://italy.indymedia.org/features/genova/
25 Rapporto della sicurezza interna svizzera (2002): http://www.bap.admin.ch/i/archiv/medien/2003/07041.htm