Sangue Loro – Il ragazzo mandato a uccidere è il nuovo lavoro del podcaster italiano che abbiamo incontrato a Lugano

Azione –  29/04/2024 di Olmo Cerri

Pablo Trincia, me lo ricordo ai tempi di Mediaset, quando, in giacca e cravatta, lavorava con la redazione del programma Le Iene. L’ho però riscoperto soltanto alcuni anni fa, nel 2017, grazie al podcast Veleno. Una delle prime serie audio in italiano, che racconta dei «diavoli della Bassa modenese», tragico episodio di cronaca che, nella seconda metà degli anni ’90, ha portato all’ingiusto allontanamento di decine di bambini dalle proprie famiglie. Veleno all’epoca mi aveva impressionato per le modalità con cui si raccontava una vicenda dimenticata rendendola incredibilmente appassionante.

La biografia di Pablo Trincia – autore, giornalista, ma soprattutto uno dei podcaster italiani più interessanti del momento – meriterebbe di essere raccontata in un podcast. E chissà che prima o poi questo non accada. Nato a Lipsia, nella ex Germania Est, da madre persiana e padre italiano, la leggenda narra che venne chiamato Pablo in omaggio al poeta cileno Neruda, amico del nonno di Trincia (un influente comunista iraniano). Nel suo curriculum spiccano collaborazioni di rilievo: dal portale Peacereporter, fino alle esperienze con Michele Santoro, passando per la redazione di Chi l’ha visto. Poliglotta, con una padronanza fluente di una decina di lingue, ha ricevuto riconoscimenti giornalistici importanti, tra i quali il prestigioso Premio Ilaria Alpi.

Lo incontriamo al Cinema Lux di Massagno, in occasione della serata Quando nasce una storia, organizzata di recente da BancaStato. Trincia arriva con qualche minuto di anticipo su di un van dai finestrini oscurati. Ci sono due addetti alla sicurezza in divisa che controllano la situazione, la sala è strapiena. Il giornalista racconta il suo progetto più recente Sangue Loro – Il ragazzo mandato a uccidere. È un podcast, realizzato da Chora Media per Sky, da un’idea di Luca Lancise, che indaga la stagione degli attentati palestinesi in Italia. Lo si trova gratuitamente sulle principali piattaforme di podcast.

Un progetto che ha avuto una lavorazione complessa: «È stato un po’ come salpare verso una meta sconosciuta, ho dovuto prendermi dei rischi – racconta Trincia – è stato necessario un grande lavoro di ricerca e sperare di trovare le persone giuste e convincerle a raccontare». Tra i molti testimoni intervistati – da citare la commovente e inaspettata presenza di Sandra Milo, coinvolta nell’attentato avvenuto all’aeroporto di Roma Fiumicino nel 1985 – si dà voce anche a Hassan Itab, giovane palestinese all’epoca non ancora maggiorenne, responsabile dell’attacco agli uffici della British Airways in Via Bissolati. Affrontare il tema del terrorismo palestinese, in un periodo storico così delicato, è una scelta indubbiamente coraggiosa, soprattutto considerando il fatto che Trincia invita gli ascoltatori a «mettersi nei panni dei cattivi: di chi ha commesso dei reati, degli errori imperdonabili. Di chi rimane dalla parte sbagliata della storia. Non per giustificare, ma per capire». Una posizione scomoda e a volte difficile da sostenere, ma un passaggio necessario, secondo l’autore, per cogliere la complessità delle vicende. «Io al posto suo cosa avrei fatto? È una delle domande che cerco sempre di farmi, è una domanda che spaventa e che destabilizza, ma è quasi sempre un esercizio utile.»

Quello che mi colpisce nel lavoro di Trincia è l’ossessione per il dettaglio: «Come eri vestito quel giorno? A che ora sei partito? Che cosa hai visto?». Domande apparentemente banali, ma che permettono di ricostruire con una vividezza quasi fotografica le scene che vengono raccontate. Mappare nello spazio e nel tempo i luoghi in cui avvengono i fatti, per poterli scomporre, analizzare e capire in profondità. Una vera e propria inchiesta raccontata attraverso il suono, un audio-documentario appassionante, con una post produzione ricchissima: «In alcune scene di questo podcast ci sono fino a centottanta tracce sonore che si sovrappongono: la mia voce, la musica, effetti sonori e rumori d’ambiente». Questa ricchezza permette di comporre un sound-design molto elaborato: le sirene delle ambulanze sono quelle che erano realmente in uso a Roma negli anni ’80, così come i rumori delle automobili e le suonerie dei telefoni.

Il lavoro audio di Pablo Trincia si distingue per una narrazione che coniuga correttezza metodologica e coinvolgimento emotivo. È una forma di buon giornalismo avvolta in un racconto avvincente, capace di catturare l’attenzione del pubblico. Ma una domanda sorge spontanea: nel tentativo di rendere appassionante un racconto, quali sono i limiti da non superare? «Cerco sempre, soprattutto quando si parla di vittime, di non fare nulla che possa essere compromettente per loro» mi risponde la ex iena. «Se mi danno un’informazione delicata, faccio tutto il possibile per trattarla in modo che non abbia conseguenze sulla loro vita. Detesto l’idea di romanzare qualcosa: o so che cosa è successo nel dettaglio, oppure lascio perdere. Voglio raccontare il vero, senza inventare nulla. Prima ancora che non essere etico, non è divertente per me».