Olmo Cerri ripercorre i passaggi essenziali della storia di Bruno Breguet che negli anni 70 scelse la lotta armata

Azione 11/03/2024 – Giorgio Thoeni

La generazione che ha vissuto più intensamente le stagioni del confronto ideologico ricorderà la spinta emotiva generata dalle idee rivoluzionarie che hanno accompagnato la fine degli gli anni 60 e buona parte dei 70 nell’utopica speranza di un mondo migliore. L’atmosfera politica che regnava in Europa era infatti piena di fermenti e dibattiti: dal movimento studentesco alla lotta di classe, la guerra del Vietnam, i focolai di guerriglia in America Latina, il pacifismo, l’antimperialismo, il terzomondismo, l’internazionalismo, le lotte di liberazione, l’operaismo, l’avvento del femminismo.

Tantissimi giovani si inserirono in un acceso confronto e in un coinvolgimento diretto dove i confini tra gli ideali di uguaglianza, di libertà e l’estremismo erano sottili, tortuosi e fragili, fra contestazione e integralismo intellettuale si creavano spesso situazioni spinte all’esasperazione.

Uno scenario che la Storia ha conosciuto fino a pochi decenni fa e che purtroppo ha aperto le porte alla strategia della tensione, allo stragismo, agli anni di piombo. Un periodo che per molti, troppi aspetti, si è infarcito di episodi tristemente famosi, che hanno causato molte vittime e episodi violenti ancora oggi sotto la lente dell’analisi politica, sociologica e culturale. Che hanno coinvolto anche la realtà e la sensibilità dei giovani di casa nostra.

È con la ristampa del libro La scuola dell’odio. Sette anni nelle prigioni israeliane (Redstar Press, 2015) che l’interesse del regista e documentarista Olmo Cerri viene attratto dalla figura di Bruno Breguet (nella foto), liceale locarnese, appena ventenne e protagonista di una storia che sembrava essere finita nell’oblio sebbene in un certo senso è emblematica di una generazione.

Per ricostruirla inizia così una lunga e non semplice ricerca su una vicenda per molti aspetti ancora avvolta dal mistero e destinata ad essere dimenticata o rimossa ma che Cerri decide di ripercorrere con La scomparsa di Bruno Breguet, un documentario che è stato presentato alle recenti Giornate del Cinema di Soletta nella sezione Visioni.

La voce narrante del regista luganese accompagna immagini, filmati e documenti d’archivio, interviste alle persone che gli sono state più vicine fra amici, compagni di lotta e esperti, con la rivisitazione di luoghi a lui legati e diverse sequenze girate in Super8 che aggiungono al racconto il fascino di immagini sgranate, che ormai appartengono al passato.

Breguet, giovane militante, agli inizi degli anni 70 finisce sotto i riflettori dei media per essere stato incarcerato in Israele dopo essere stato fermato nel porto di Haifa con addosso una cintura d’esplosivo destinato a un attentato dimostrativo in favore della causa palestinese.

Ma come c’è arrivato e perché? Sono domande a cui Cerri cerca di dare risposte accanto alle fondamentali ragioni strettamente legate a un personaggio scomodo, alimentato da quell’urgenza di voler cambiare il mondo, una fame di rivoluzione molto presente nel mondo giovanile di quegli anni e per certi versi un sogno ancora attuale ma certamente distante da quelle forme di ribellione estreme e, talvolta individuali, difficilmente condivisibili.

È un tema profondo e esistenziale quello con cui il regista si confronta e riflette mentre scorre una narrazione che ricostruisce i passaggi essenziali della storia di Bruno Breguet che negli anni 70 sceglie di convogliare i suoi ideali di giustizia sociale e il suo impegno politico verso la lotta armata.

Un obiettivo che sottolinea d’altronde anche nelle prime pagine del suo diario dal carcere: la tematica della fame fu l’elemento concreto che provocò la mia sensibilizzazione politica e che mi fece considerare l’inevitabilità di una lotta armata per la realizzazione del socialismo.

Al centro della mobilitazione di Breguet c’è quella fame e quell’ingiustizia che colpisce gran parte del popolo palestinese, la lotta contro il sionismo con il fronte di liberazione. Un percorso insidioso che lo conduce presto in carcere, poi lo porterà ad avere contatti molto stretti con il terrorismo internazionale (in particolare con il famigerato Carlos), con i servizi segreti, con la CIA. Un percorso segnato da alterne vicende fino al 1995, anno della sua scomparsa, avvenuta misteriosamente.

Una storia di memoria, complessa e difficile da raccontare ma realizzata con perizia e onestà intellettuale, un film dal passo avvincente scritto partendo dal punto di vista di un realizzatore che ha una visione del mondo, dalle parole di Olmo Cerri, non così diversa dalle persone che ho intervistato. Con le dovute proporzioni, naturalmente.